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Il posto delle grammatiche. Forever?

Mario Ambel, febbraio 2025

Testo pubblicato sul sito del Giscel: vai alla pagina

Fare grammatica nelle “ore di italiano”, ma quante e quali?

È  quindi importante che il saggio di Tavoni si ponga ora quelle due questioni ben più rilevanti, indicate dal titolo, ovvero parafrasando: ‘La grammatica serve a migliorare gli usi linguistici?’ e soprattutto ‘Quale grammatica è più idonea a questo scopo?’. Sono certamente domande non nuove, ma non per questo non rilevanti. E che forse è venuto il momento di porre e risolvere in modo nuovo.
Dirò subito, per anticipare il senso di questo mio contributo, che manca una terza (duplice) domanda, che sta particolarmente a cuore a chi, differentemente anche dalla maggior parte di coloro che hanno interloquito con Tavoni sul sito della Crusca, guarda a questi problemi da insegnante e non da linguista, ovvero in ottica di educazione linguistica (o linguistica educativa) e non di teoria linguistica, storia della lingua, filosofia del linguaggio, più o meno interessate e attente alle loro peculiarità e ricadute didattiche, o più genericamente sulla scuola. Nella prospettiva dell’educazione linguistica, oltre a ‘se serve la grammatica, e quale’, ci si deve porre una questione più strategicamente decisiva: ‘quando’ e ‘come’ fare grammatica?
A questo problema è riconducibile solo un cenno di Tavani, seppure significativo, nel ribadire il ruolo della scuola, oltre che dei molteplici fattori extrascolastici, nell’incidere sulle competenze linguistiche:
 ma conterà anche qualcosa come vengano spese le due o tre ore di scuola dedicate alla lingua, sulle sei complessive riservate all’“Italiano”, ogni settimana, da due milioni e mezzo di adolescenti nel pieno del loro sviluppo intellettuale, e replicate per tre anni (alle medie) più due (al biennio) della loro vita.
Oltre al quando e soprattutto al come, ci sarebbe anche ‘perché’, ovvero a quale scopo è opportuno o utile fare grammatica, ma, come detto, questa preoccupazione è ampiamente e opportunamente presente nel ragionamento di Mirko Tavoni (meno in alcuni dei suoi interlocutori).

Il rapporto fra grammatica e comprensione del testo: dati e rilievi

Il punto di partenza del ragionamento di Tavoni sono gli scarsi risultati della scuola italiana e nello specifico nella comprensione dei testi e nella competenza grammaticale. E qui nihil novum (piccola concessione al retrò dilagante). Ma Tavoni inserisce nella sua indagine alcune interessanti novità. Fa riferimento (ormai ahimè inevitabile) ai dati Invalsi e Pisa, ma non si limita al commento delle variabili socio-territoriali dei grandi numeri. Indagando le percentuali di adeguatezza di singole risposte, cerca di trovare elementi interpretativi attorno ad una questione cruciale: ovvero il nesso, nella realtà scolastica (non nei desiderata dei progressisti o dei conservatori che da decenni dibattono sul tema), fra gli interventi didattici finalizzati alla comprensione del testo, che opportunamente egli concorda essere di fondamentale importanza, e quelli dedicati alla grammatica, che, come anch’egli ammette e deplora, è di fatto ancor sempre quella tradizionale della pletora di complementi. Quest’uso dei dati Invalsi è di per sé significativo poiché tenta di affrontare alcuni esiti di dettaglio delle prove in ottica di ricerca didattica, come sarebbe auspicabile avvenisse sempre, e non di valutazione di sistema, com’è istituzionalmente previsto e da decenni reiteratamente e inutilmente praticato.
Lavorando attorno alle risposte ai test Invalsi, Tavoni raccoglie dati sulle percentuali di risposte esatte rispetto a tre tipologie di domande: quelle per cui
A) non fosse necessaria nessuna particolare competenza metalinguistica; B) fosse necessaria una competenza lessicale; C) fosse necessaria una competenza morfologica, sintattica e/o linguistico-testuale.
Non gli è stato purtroppo ovviamente difficile constatare come le percentuali di risposte corrette diminuiscano da A) a B) a C) e viceversa aumentino quelle sbagliate.

La critica alla pedagogia linguistica tradizionale e alla grammatica normativa


Note al testo

[3] Non è qui il luogo per citare singoli rilevamenti ed esempi, ma è opportuno, per chi lo desideri, andarli a leggere: vedi Tavoni M. [2], op. cit.

[4] Si potrebbe tracciare, pur senza voler sottovalutare altri importanti contributi, un arco ideale di interventi sistematici sui rapporti fra linguistica ed educazione linguistica che va da Berretta M., Linguistica ed educazione linguistica. Guida all’insegnamento dell’italiano, Einaudi, 1977 a Lo Duca M. G., Lingua italiana ed educazione linguistica, Carocci editore, 2013. E a metà strada, Ferreri S. e Guerriero M.R., a cura di, Educazione linguistica vent’anni dopo e oltre. Che cosa ne pensano De Mauro, Renzi, Simone, Sobrero, La Nuova Italia, 1998.

[6] Tavoni M., “La grammatica a scuola serve?”, cit., prima puntata.

[7] Si sono fatti nomi autorevoli fra gli esperti coinvolti dal Ministro in campo linguistico, ma i tempi sono quelli che sono e non è possibile sottovalutare come fra i consulenti del Ministro particolarmente attivi nella formulazione di proposte alternative alle attuali Indicazioni ci siano anche esponenti più volte protagonisti di quelle accuse e non certo con toni pacati.

[9] Il riferimento è al volume di  Migliorini L., a cura di, Cancelati dalla dotrina, Bompiani, 1975, con una prefazione di De Mauro, dal titolo “Il linguaggio a Montecucco”.

[12] Renzi L., ”Le Dieci Tesi del Giscel e la grammatica” in Ferreri S. e Loiero S., a cura di, Memorie per il futuro, Franco Cesati Editore, 2024, pp. 65 – 74.

[19] Va in questa direzione la proposta di impostazione metodologica e di lavoro esposta in Ambel M. e Provenzano C., “Comprensione, riflessione, scrittura: per un approccio integrato e strategico”, in Cignetti L., Fornara S. e Manetti E.D., a cura di, La scrittura nel terzo millennio, Atti del convegno di Locarno, 18-20 novembre 2021; I Quaderni del Giscel V, Franco Cesati Editore, 2023, pp. 17-32.; di imminente pubblicazione anche il resoconto analitico di una esperienza di ricerca e sperimentazione condotta per Indire in AA.VV., Comprendere, riflettere sulla lingua, ri/scrivere: una ricerca empirica di didattica dell’italiano dalla primaria al biennio, in corso di stampa.


Fin qui il passato e forse solo più in parte il presente. Perché è in atto il concreto rischio di dover rivedere profondamente tutte queste nostre elucubrazioni. Oggi non sappiamo più se e soprattutto come insegneremo a leggere e scrivere al tempo degli assistenti digitali e dei LLM. Figuriamoci se abbiamo una qualche ipotesi attendibile sul ruolo che potrà avere la grammatica nell’interazione con gli LLM e altri dispositivi, che si rinnovano ormai freneticamente ed entrano pesantemente nella scuola! Questo è un tema, ormai ineludibile, da riprendere con maggior attenzione analitica e critica.
Certo si ha la sensazione che non sarà una soluzione ricominciare con la grammatica normativa o il latino nelle medie. Speriamo che i consulenti del Ministro Valditara ne siano convinti! Anche se molti segnali sembrano confermare l’ipotesi che, per qualche nefasta stagione, si corra rischio di tornare indietro di decenni, mentre, al contempo, ci si illuderà di correre in avanti a occhi bendati nelle “google classroom” e simili.
Del resto, mentre discutiamo e sperimentiamo se la soluzione è la consegna “In questi testi sottolinea in blu gli articoli e in rosso i pronomi”, questa operazione qualsiasi LLM la fa in un tempo infinitesimale; e ovviamente in modo ineccepibile. Forse. E ci resterà sempre l’assillo di capire come ha imparato a farlo! Anche se… possiamo già cominciare a chiederlo a uno di loro…

A prima vista, per chi ha lottato per una vita contro la grammatica normativa e la sue pratiche applicative sembrerebbe non esserci altro da fare che pentirsi amaramente e chiedere venia, auspicando il repentino riaffermarsi di una nutrita truppa di grammatici nostalgici che riconvertano (ma come abbiamo visto non ce n’è bisogno) le e gli insegnanti a ribadire le loro pratiche di grammatica tradizionale, normativa, trasmissiva e deduttiva.
Ma, attenzione, le risposte di Copilot e il suo modo di agire non dimostrano che chi non sa la grammatica la impara applicandola, bensì l’esatto contrario: che può applicare le conoscenze grammaticali solo chi le ha tutte, definizioni, elenchi e funzioni comprese. Copilot confronta ciò che ha in memoria (alcuni dicono anche senza capirlo, ma qui la questione è più delicata e dipende da che cosa si intende con “capire”) su articoli e pronomi (e ha pressoché tutto quello che serve) con le occorrenze fornite dal testo e formula la risposta. Il nostro problema è l’esatto opposto: far esperire sul testo l’esistenza di articoli e pronomi, per poi dar loro nomi, definizioni, classificazioni e descrizione delle funzioni (conoscenze grammaticali), da applicare poi altrove (competenze grammaticali).
Ho provato a svolgere lo stesso dialogo con DeepSeek (uno dei concorrenti “cinesi” di Copilot, prima che, a conforto delle Major americane, iniziasse una fase di ostracismo della piattaforma asiatica. Ebbene la sua spiegazione di “come fa a riconoscere” articoli e pronomi è stata assai interessante. Dopo averne fatto un elenco descrittivo, per gli articoli afferma:

È interessante che quello che sembrava il punto di partenza, arrivi solo alla fine. DeepSeek non dice da dove ha ricavato questa procedura, ma nella consultazione di siti come studenti.it è possibile trovare suggerimenti analoghi per altri problemi.
Certo la questione vera è – e soprattutto sarà – questa: se invece di far faticosamente cercare agli allievi di ragionare sui “lo” del testo, l’attività la svolgerà velocemente l’assistente in classe, sarà difficile che allieve e allievi possano imparare non solo a riconoscere i pronomi e gli articoli, ma soprattutto a fare i ragionamenti che sono sottesi al loro reperimento sul testo. In realtà la soluzione potrà essere che l’assistente docente (o il docente assistente) non venga programmato e usato per svolgere il problema, ma per farlo fare ai discenti e commentarlo con loro. In questo caso, sarà l’insegnante a veder progressivamente regredire conoscenze, competenze e ruolo. Ma in fondo, a molti sembrerà il male minore. Molto dipenderà da quale grammatica e soprattutto verso quale approccio metodologico si sarà deciso di addestrare gli educatori digitali. Se in senso adattivo o emancipante. Speriamo bene, ma anche qui, se il buongiorno si vede dal mattino, c’è poco da star sereni.
Su quale potrà essere l’educazione linguistica al tempo degli LLM e degli assistenti digitali alle procedure linguistico-testuali sarà bene cercare di farsi delle idee un po’ più chiare, ma una cosa appare probabile: leggere e scrivere, ma anche parlare e ascoltare, in modo consapevole, utilizzando dispositivi digitali come assistenti e al contempo controllando le procedure, proprie e “loro”, anche sulla base di buone competenze metalinguistiche (in senso lato), consentirà (forse a pochi) di ottenere  risultati più significativi, ma sarà in qualche misura più complesso. Più agevole, invece, sarà (per molti) delegare ai dispositivi l’esecuzione delle operazioni di comprensione e produzione e quindi di pensiero.


[1] Addazi G., “Una ginnastica d’obbedienza: la grammatica ideologica di Valditara”, “Domani”, 25.1.2025,

[2] Guastavigna M., “Intelligenza ri-genarativa”, “Gessetti colorati”, 23.09.2023.



Le due figure sono ottenute fornendo al generatore di immagini (extendify) questi due prompt: 

  • Il futuro tra artificiale e retrò. Prodromi di una pedagogia bifronte. (la prima qui sopra)
  • Il futuro fra intelligenza a artificiale e politica nostalgica. Prodromi di una pedagogia linguistica bifronte. (la seconda qui sotto).

Come sempre lascio a chi legge e guarda la valutazione della loro efficacia.

Aggiungerei una sola riflessione collaterale: i due scenari sono comunque più suggestivi che inquietanti; e in questo non rendono in modo efficace il mio stato d’animo rispetto a quanto esposto in questa appendice.
E allora ho provato così:

  • Il futuro fra intelligenza artificiale neocapitalista e politica nostalgica di regime. Prodromi di una pedagogia linguistica bifronte. 

Rende più lo stato d’animo!